Splendido panorama sul mare.
Presso la fine dell'asfalto, si prende una carrareccia erbosa che sale sulla destra (sbarra, segnavia ▲). Questa guadagna subito quota con alcuni tornanti, poi aggira uno sperone boscoso e, lasciata a destra la mulattiera della "Via diretta" al Monte Argentea (segnavia ☆)si inserisce, dall'alto, nel vallone del Rio di Lerca. Si prosegue con salita costante, fino a quando, prima che la carrareccia inizi a scendere, si abbandona il proseguimento della carrareccia per prendere una bella mulattiera sulla destra (seguire sempre segnavia ▲), che prosegue a salire per boschi e pietraie. Superato un primo rio, la mulattiera effettua un altro traversone in ripida salita e raggiunge poi l'alveo del piccolo Rio Cinè, oramai in vista della severa Cresta delle Segàge (h 0,50).
Attraversato il rio, si lascia la mulattiera (grosso ometto su un sasso) per attaccare la ripida china erbosa a monte: seguendo i preziosi ometti di pietre e le discontinue tracce di passaggio, si rimonta l'aspro vallone (quasi un canalone) compreso fra la Cresta delle Segàge (a sinistra) e la Costa della Botte (a destra), entrambe irte di torrioni e spuntoni rocciosi. La salita è veramente ripida, ma la traccia aiuta: superata una piccola malagevole pietraia, si sale a sinistra di uno sperone roccioso fino quasi alla testata del vallone. Si rimonta una rampa erbosa a destra in direzione di un'evidente placca delimitata da due lunghi diedri; senza raggiungere la base della placca si devia a destra su una comoda cengia erbosa. Si segue per pochi metri la cengia verso destra, fino al piede di uno sperone roccioso sul quale si riconoscono gli spit (attacco presso una piccola nicchia rocciosa con cordone di sosta h 0,40 dal Rio Cinè).
1 – Si attacca lo sperone per rocce ripide ma appigliate (IV°), poi ci si sposta oltre uno spigoletto a sinistra e si risale una bella placca piuttosto verticale (III°+, qualche ciuffo d’erba) fino ad una comoda cengia erbosa (sosta su albero, diversi spit lungo il tiro 30mt);
2 – Si sale un breve muretto fessurato (III°+, spit), poi si segue una cresta di grossi massi (II°) fino ad un comodo pianerottolo (2 spit di sosta, volendo tiro abbinabile al precedente 15mt);
3 – Si scala una prima placchetta (III°+, spit) poi, oltre una piccola cengetta erbosa, si prosegue su un’altra placca (III°+ e III°, spit) fino ad una successiva cengia. (30mt eventuale sosta) Si supera un muretto verticale (IV°, chiodo, passo chiave), oltre il quale si risale un ripido pendio erboso tra due grossi massi fino all’ampia cengia che divide la parete a circa 2/3 d’altezza (sosta su albero 45mt);
4 – Si attacca la grande placconata superiore, passando tra due alberelli: dopo un primo tratto abbastanza compatto (III°, due spit), la roccia si fa un po’ erbosa (II°) fino a sopra un terzo alberello dove si sosta (2 spit 30mt);
5 – L’ultimo tiro si svolge lungo il filo di un aereo sperone che arriva direttamente in vetta (III° e II°): non ci sono spit, ma diversi spuntoni consentono ancoraggi intermedi. All’uscita un comodo spuntone piatto consente un ottimo ancoraggio. Con pochi passi verso sinistra si arriva in vetta alla Rocca Turchina (822 m, ometto di pietre, h 2,00 circa dall’attacco 30mt).
Discesa:
Si segue la facile cresta Nord-Est in direzione del Monte Argentèa per poche decine di metri, poi si scende facilmente per un ripido pendio erboso all’evidente sentiero sottostante (segnavia ☆, “Via diretta al Monte Argentèa”). Lo si segue verso destra, in discesa, per un buon tratto, perdendo decisamente quota nel bosco. Si raggiunge un bivio (Guà dell’Omü): si scende verso sinistra (sempre segnavia ☆) fino ad incrociare il “Sentiero dell’Ingegnere”. Lo si segue per circa 200 m a destra, poi si prende nuovamente una traccia con segnavia ☆ che scende decisamente nel ripido bosco di pini. Si sbuca sulla carrareccia seguita all’andata, nel punto dove questa si inserisce nel vallone del Rio di Lerca: scendendo gli ultimi tornanti, si ritorna in breve a Campo (h 1,15 dalla cima).