Escursione breve ma da non sottovalutare in quanto si svolge su percorsi non sempre segnalati o tracce, e può causare problemi d'orientamento in caso di scarsa visibilità.
Dalla curva, raggiungere su una pista di sabbia la piatta sommità di Capo Pecora. Camminare poi su uno dei sentieri sabbiosi in prossimità della costa verso Punta Guardia de Is Turcus, parallelamente alla strada. Prendere a sinistra una via trasversale prima della pineta, in direzione della strada. Raggiuntala, la si segue a destra fino ad una curva dove sulla sinistra si imbocca una via ghiaiosa (ometto). Seguire i tornanti della pista, prima in spazi più aperti, poi attraverso una pineta. S’incontra una via trasversale al margine di un’altra pineta (125 m), che si estende a destra sul pendio, qui proseguire a sinistra. Si scende leggermente costeggiando una rete metallica sulla destra. Abbandonare il tracciato principale oltrepassando un cancelletto in legno a destra e lasciandosi così alle spalle la rete metallica; risalire il pendio che incrocia in breve una pista battuta da seguire a sinistra verso un marcato punto di diramazione. Qui un ometto sulla destra indica un viottolo che sale in direzione della montagna. Mantenendo orientativamente la stessa direzione, si oltrepassa un caseggiato in ottimo stato (180 m) tra meravigliosi olivi secolari e successivamente una vasca per gli animali, in corrispondenza di uno spiazzo più aperto. Dopo pochi metri lo spiazzo termina, si prosegue lungo la traccia che serpeggia attorno a cespugli di cisto e rosmarino ed inizia a salire ripida in direzione della cima. Raggiunto il culmine, lo si segue a sinistra per blocchi rocciosi fino alla vetta.
Intorno al 1500 la Sardegna era sotto il dominio degli spagnoli che non riuscivano a difenderla dai pirati saraceni che provenivano dal nord Africa tanto che, nel 1682, Flumen Mayor risultava disabitato a causa delle numerose razzie. I pirati sbarcavano nelle spiagge di Portixeddu, San Nicolò e Capo Pecora andando da lì alla ricerca dei villaggi. Le razzie barbaresche non si limitavano ai furti ma si rapivano gli uomini più forti, le donne e i bambini. Nel laghetto "sa piscina de is pippius", nella zona di Santa Lucia, si narra venissero uccisi i bambini più piccoli e fragili che non sarebbero riusciti a sopportare il viaggio verso i mercati delle città nord africane.
Stando a quanto dice la tradizione, i fluminesi, stanchi di subire queste crudeltà, si organizzarono per tenere sotto controllo la costa e non essere sorpresi dall'arrivo dei pirati: fu così che, su un monte di fronte alla spiaggia di Portixeddu, venne istituito un punto di vedetta dove stava un guardiano. La Punta de Su Guardianu, con i suoi 478 m di quota, è la seconda della zona per altezza dopo Punta Mumollonis e per questo venne scelta come sede per la vedetta. Con un costante servizio di vigilanza, il guardiano aveva il compito di avvisare la popolazione al minimo segno di pericolo tramite il suono di un corno e l'accensione di falò. Al segnale del guardiano la popolazione nascondeva gli oggetti di valore e fuggiva verso l'interno per mettersi in salvo dai "turchi" e dalle loro scimitarre.
La valle del fluminese era pressoché disabitata in quegli anni fino a quando, nel 1704, Fluminimaggiore fu ricostruita nell'attuale posizione, voluta dai nuovi feudatari per paura delle incursioni islamiche, decidendo di spostare il centro abitato in luogo distante e non visibile dal mare.
Il territorio circostante la Punta de Su Guardianu è ricco di reperti archeologici fra i quali i resti di una antica villa romana, i ruderi di un nuraghe ed alcune "tombe dei giganti". Dalla sommità del colle si domina l'intero Golfo del Leone e sono visibili le torri di Cala Domestica a sud e di Flumentorgiu a nord con le quali ci si raccordava per il controllo della costa.
- Cartografia:
- Carta IGM scala 1:25.000 Regione Sardegna
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