In assenza di neve e con buona visibilità non c'è alcun pericolo, mai tratti esposti o passaggi impegnativi. Consigliata però ad escursionisti esperti capaci di muoversi tra detriti e con vaghe tracce di sentiero.
Da Dondena si scende e si attraversa il torrente, salendo verso il Rifugio Dondena o per la strada o per il sentiero che lo raggiunge direttamente.
Qui si prosegue seguendo le indicazioni per il colle della Rosa, e poco dopo passando accanto ad un alpeggio, si imbocca il selvaggio vallone dei banchi. Il sentiero si tiene sulla destra costeggiando un pianoro detritico solcato dal torrente, continuando in falsopiano finchè il vallone non si restringe e diventa detritico. Sono sempre presenti ometti, e costeggiando il torrente sempre sulla destra, si risale un breve pendio erboso che immette nel pianoro morenico superiore.
Qui finisce il sentiero, ma alcuni ometti sono presenti. Si prosegue ancora sulla destra, salvo poi piegare decisamente alla sinistra quando si è in vista di un enorme masso proprio al centro. Quando lo si vede si può piegare a sinistra e per sfasciumi si inizia a salire la morena dell’ex ghiacciaio, puntando al primo grosso nevaio sostenuto da una balza rocciosa.
Si attraversa il glacio nevaio, superando poi una fascia di rocce mantonate ricoperte di detriti che portano alla conca del ghiaccio dei Banchi (morente).
Lo si attraversa senza problemi (non dovrebbero servire i ramponi) tenendosi al centro o a destra, da qui è ben visibile la Madonnina del colle della Rosa. Attraversato il ghiacciaio si reperisce una traccia che sale faticosamente per via del terreno friabile, al colle stesso.
Dal colle si prosegue guadagnando quasi subito la cresta tramite una serie di terrazzini erbosi. Nessun problema fino ad un modesto spuntone roccioso, affrontabile direttamente usando le mani, oppure aggirabile per traccia abbassandosi sul versante di Dondena, per poi riguadagnare la dorsale nuovamente larga e comoda.
La si segue fino che davanti a noi si presenta il famoso passaggio alpinistico sulla placca con le lapidi. Non lo si raggiunge, ma una serie di ometti segnalano l’inizio della cengia del versante canavesano.
Questa è sempre larga e mai esposta, anche se il terreno è abbastanza detritico e scivoloso.IMPORTANTE: non farsi attrarre dalle gengie superiori sopra le balze. La si segue con percorso pianeggiante sempre sotto alle balze rocciose che sostengono il pendio superiore, raggiungendo un primo sperone erboso. Sopra a sinistra si nota un ometto, si tratta di una cengia parallela, non seguirlo.
Si continua invece lungo la cengia sempre orizzontalmente, raggiungendo un secondo colletto. Ora a sinistra si deve reperire una flebile traccia (se non la si trova si può comunque salire liberamente) puntando ad un roccione molto grande. alla base della cresta E.
Aggiratolo si prosegue affrontando la cresta, apparentemente impervia, ma in realtà si sale comodamente seguendo alcuni ometti, prima a destra , poi invece portandosi a sinistra in direzione di un promontorio contrassegnato da un evidente ometto. Questo giro ha permesso di aggirare le fasce rocciose. Ora si prosegue a destra, per un pendio di detriti con qualche roccia da salire (brevi passaggi di I e II mai esposti) consiglio di stare il più possibile sulla destra dove la roccia è più solida.
Superata questa fascia detritica il terreno spiana leggermente, e diventa sabbioso proprio quando si raggiunge la cresta E precedentemente abbandonata. Non resta che salire per una delle tracce sul filo o poco sotto, puntando alla grossa croce ormai chiaramente visibile, che si raggiunge brevemente senza più difficoltà.
Tempo indicativo di salita : 4 h
Discesa lungo lo stesso percorso, oppure compiendo un anello passando al Lago Miserin, allungando però il percorso.