I due lembi di ghiacciaio che si dovevano attraversare fino ad alcuni anni fa ormai sono scomparsi o sepolti dai detriti, per cui i ramponi possono tornare utili solamente ad inizio stagione in presenza di nevai residui.
Casco e kit da ferrata (o almeno una longe) per affrontare in sicurezza i tratti di ferrata.
Percorso molto disagevole per la quantità di pietraie da attraversare.
Arrivando dal Trentino si scollina Campo Carlo Magno scendendo verso Pinzolo, e poco dopo il paese di Sant'Antonio di Mavignola, sulla destra si stacca la strada della Val Nambrone.
Dal parcheggio prima di Malga Vallina d’Amola, si scende sul ponticello che attraversa il torrente e si prosegue per alcune centinaia di metri sulla pista sterrata, fino alla Malga Vallina. Qui sulla destra si stacca il sentiero per il Rifugio Segantini, che sale il costone ben gradonato, e poi percorre una specie di dorsale di rocce ed erba fino al rifugio stesso.
Dietro al rifugio si trovano evidenti indicazioni per la Presanella, (bolli bianco/rossi e ometti) che conducono su di un crinale morenico solcato da un buon sentiero. Terminata questa morena inizia una vasta pietraia dove è utile seguire gli ometti dove questi sono più frequenti e cercando di individuare i bolli di vernice sbiaditi, si giunge di fronte ali vasti terrazzi rocciosi dove un tempo vi era il ghiacciaio. Destreggiandosi alla meglio tra queste placconate e zone di pietrame più caotico, si perviene ad una conca con una paretina rossastra più marcata, ultimo scalino prima dell’attacco del percorso attrezzato. Qui per raggiungere il primo cordone occorre superare alcuni gradoni (passi di I).
Inizia la parte attrezzata, con un cordone di 10 m prima dei primi scalini metallici con cavo per assicurarsi. Il tratto è piuttosto breve, poi si riprende a salire su facili terrazzi rocciosi aiutandosi con le mani (attenzione in presenza di neve) raggiungendo la Bocchetta di Monte Nero a 3170 m circa. Qui si continua a sinistra trovando di nuovo il cavo metallico, percorrendo un breve tratto in cresta prima di affrontare la discesa sul versante della Vedretta di Nardis Orientale (ormai non più visibile). Qualche tratto verticale in discesa richiede alcune cautele ma si procede senza grosse difficoltà sino al termine della parte attrezzata.
Ora inizia un lungo ed estenuante traverso, restando sempre sul versante della parete di Monte Nero, destreggiandosi tra massi di ogni genere che impediscono una progressione lineare e rapida. In presenza di neve ad inizio stagione è sicuramente meglio mettere piede sul fondo della valletta. Si arriva così di fronte ad una modesta parete che sbarra la parte bassa del vallone con la parte superiore: qui si incontra un breve passaggio attrezzato con una corda “volante” e alcuni scalini, ma non c’è il cavo per assicurarsi. Dopo gli scalini c’è ancora un traverso abbastanza esposto su un terrazzino roccioso (molta attenzione con neve) per poi continuare su roccette di I finchè si apre il pendio e si riprende a camminare per tracce negli sfasciumi prima, per pietrame poi.
Raggiunta una selletta rossastra, ci si mantiene sulla sinistra salendo tra pietre di medio/grosse dimensioni finchè ad una spalla si notano già il bivacco Orobica e la croce di vetta più in alto.
Seguendo il filo di cresta ci si imbatte nell’ultima tratta attrezzata, molto semplice in quanto dopo una breve discesa la fune serve solo da corrimano su una comoda cengia e quindi si risale per un canalino elementare, sbucando sul ripiano con il Bivacco Brigata Orobica 3382 m.
Ora non resta che puntare alla cima, ormai ben evidente; per raggiungerla si presentano due opzioni: ci si mantiene sulla pietraia a monte del bivacco, seguendo i numerosi ometti che si snodano nella vasta pietraia di grossi blocchi (indicativamente si percorre la cresta sud-est) superando facili passi di I per poi piegare a sinistra negli ultimi metri toccando la croce di vetta.
L’altra opzione, dal bivacco, è di percorrere una cengia che risulterà più evidente in discesa; questa cengia permette di evitare in gran parte la pietraia; presenta un breve tratto leggermente esposto che va affrontato con cautela, poi si raggiunge il centro del pendio sotto la cima, che si risale faticosamente seguendo la marcata traccia su ghiaia e pietrame di piccole dimensioni, sino a toccare la croce di vetta 3558 m.
Discesa per il percorso di salita oppure, in alternativa, si può scendere lungo la cresta O/NO su roccette e sfasciumi fino sulla Vedretta di Nardis, che si percorre fino a quota 3000 circa (pendenze lievi, qualche evidente crepaccio). Abbandonata la vedretta, si iniziare una lunga traversata verso sinistra (percorso da individuare, inizialmente tra rocce montonate, poi pietraie, infine un po’ di prati. Poche tracce di passaggio e sporadici piccoli ometti) fino a raggiungere, dopo una breve ma ripida risalita, il Passo dei quattro Cantoni 2780 m, da cui un sentiero segnalato, inizialmente molto ripido, riconduce sul versante Val Nambrone al Rifugio Segantini.