Consigliabile avere il casco per la parte finale, soprattutto in caso di gente sul percorso.
La via normale è stata ritracciata con segni di vernice bianco-rossa che ricalcano a tratti il percorso storico ancora visibile con bolli rossi e arancioni, è leggermente più impegnativo ma su roccia migliore senza passaggi particolarmente esposti. I due passaggi con roccia più liscia sono attrezzati con una corda fissa. Sconsigliabile con neve/ghiaccio e terreno viscido. Il periodo migliore è l’inizio autunno mentre d’estate la zona è soggetta alla formazione di nebbie.
Qui si può parcheggiare l’auto e salire a piedi per meno di 1 km sulla strada asfaltata, oppure salire verso Molera sulla stretta stradina, con qualche possibilità di parcheggio nei tornanti a bordo strada o al piccolo spiazzo del paese.
Il sentiero segnato da tacche bianco/rosse, è indicato da cartelli indicanti Uja di Mondrone, Colle del Trione e Bivacco Molino, inizia alla curva prima del paese, risale un prato a terrazzi e poi si addentra nel bel bosco, prima di faggi e poi di larici e piccole radure erbose.
Si incrocia una strada poderale e si giunge all’Alpe Pian Bosch, ottimamente conservata. Si prosegue a monte degli alpeggi sempre in salita a volte più ripida, per poi compiere un traverso verso sinistra per giungere al di sotto di una bastionata rocciosa.
Una serie di serpentine tra i prati permette di raggiungere un bivio; proseguendo dritti si continua per il Bivacco Molino. Per l’Uja invece si traversa in piano a sinistra per superare una breve fascia di pietraia, i segnavia spariscono o sono poco evidenti (vecchi bolli rossi sbiaditi) ma il percorso è facile e intuitivo senza nebbia.
Velocemente si guadagna una spalla erbosa al di sopra della bastionata rocciosa precedente, da qui inizia l’avvicinamento alla parete di salita dell’Uja di Mondrone.
Dal promontorio si piega a destra e si sale lungo l’evidente dorsale di erba e roccette, con a sinistra le praterie sospese al di sopra delle pareti rocciose che precipitano sul fondovalle.
Il sentierino sale faticasamente sempre ripido, finchè l’erba lascia spazio alle prime placconate, dove riprendono i segnavia rossi e bianchi (su un masso scritta in rosso inizio/fine).
Nonostante la presenza dei vecchi segni arancioni e rossi, conviene seguire le tacche più recenti. Superata una prima placca di serpentino, si alternano tratti di sentiero ad altri di facili roccette, tra cui un paio di brevi camini con passi al massimo di II. Una zona intermedia traversa verso sinistra su sentiero, passando al do sotto di una parete sopra la quale continua il sentiero (utile il casco in questo tratto in caso di persone al di sopra).
Aggirata la parete si percorrono alcuni terrazzi-cengie mai esposti (ma che richiedono sempre cautela) fino ad una corda fissa che permette di attraversare una placca poco appigliata.
La cengia prosegue su traccia di sentiero con serpentine fino ad una nuova corda fissa; qui a destra c’è il sentiero nuovo mentre a sinistra si scorgono ancora i bolli rossi del percorso vecchio (un po’ più facile ma con più detriti).
Si segue la corda che risale un camino/diedro ben appigliato ma con un masso all’uscita che forma una strettoia; aggiratolo (unico passo leggermente esposto) si è ormai in vista del tratto finale, dove la pendenza spiana leggermente e i detriti prendono il sopravvento rispetto alla roccia.
Ancora 50 m di dislivello tra tracce di sentiero e brevi roccette, e si giunge in cima, con campana e una lapide dedicata alla Madonna.
Discesa lungo la via di salita.