
Note
Storico
100m
150m
150m
150m
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200m
200m
200m
200m
650m
4.2Km
6.9Km
7Km
7Km
7.1Km
7.1Km
7.3Km
7.6Km
Sviluppo: 400m
Difficoltà: TD (6a) se si percorre la variante della ripetizione del 25/06/23. L’originale era data D+.
Materiale in loco: un chiodo sullo sperone finale
Materiale occorrente: una serie di friend BD fino al n°3, raddoppiando le misure 0.5, 0.75 e 1 (bisogna considerare che tutte le soste sono da fare), nut, cordoni (anche da abbandono, da prevedere anelli lunghi per attrezzare le calate sul versante francese), qualche chiodo per emergenza o per fare le soste, martello, piccozza e ramponi per la salita e la discesa, corde da 60m utili per la discesa.
Avvicinamento
Difficoltà: TD (6a) se si percorre la variante della ripetizione del 25/06/23. L’originale era data D+.
Materiale in loco: un chiodo sullo sperone finale
Materiale occorrente: una serie di friend BD fino al n°3, raddoppiando le misure 0.5, 0.75 e 1 (bisogna considerare che tutte le soste sono da fare), nut, cordoni (anche da abbandono, da prevedere anelli lunghi per attrezzare le calate sul versante francese), qualche chiodo per emergenza o per fare le soste, martello, piccozza e ramponi per la salita e la discesa, corde da 60m utili per la discesa.
Da Lanzo seguire le indicazioni per Cantoira, Chialamberto, Forno Alpi Graie. Raggiungere Forno, che rappresenta l’ultimo paese della Val Grande, e posteggiare presso il ponte sul torrente Stura, dietro all’Albergo Savoia. Superare il ponte e prendere una strada sterrata a destra che costeggia la sponda idrografica destra del torrente seguendo il sentiero N°315 per il rifugio Daviso (2h 30’ / 3h). Se si preferisce pernottare al bivacco Ferreri-Rivero giunti al fondo del pianoro del Gias di Lei si deve abbandonare il sentiero N°315 e prendere la diramazione (disagevole) per il bivacco. Si consiglia il pernottamento al Daviso, dotato anche di locale invernale nei periodi di chiusura.
Dal Daviso (2280m), sotto la massicciata del rifugio, all’incirca dove ci sono i bagni, reperire il sentiero segnato con bolli bianco-rosso N°316. Questo, dopo un’iniziale discesa, porta, con un lungo traverso a saliscendi, all’antico ricovero Ferreri, ora bivacco Ferreri-Rivero (2207m). Prevedere 30 minuti. Proseguire a sinistra del bivacco su una traccia di sentiero che risale il dorso della morena e pervenire, dopo circa 300 m di dislivello, ai dossi dov’era edificato il bivacco Rivero, distrutto tre volte e non più ricostruito. Da qui salire dritti e portarsi sul ghiacciaio nord del Mulinet e risalirlo verso la bastionata della Cresta Mezzenile. Non raggiungerla ma puntare all’evidente crestone sulla destra che scende dalla Punta di Groscavallo e su cui corre la via Gatto-Palozzi. Il crestone fa da divisione a due valloni nevosi, quello di destra (senso di osservazione) è il prolungamento del canale della Sella di Groscavallo, quello di sinistra invece muore contro all’edificio sommitale della Groscavallo. Salire quest’ultimo per neve fino a una costola rocciosa che si deve seguire con facile arrampicata fino al suo termine. Salire quindi il breve ma ripido pendio nevoso che porta all’inizio della parete est della Cresta di Mezzenile in una zona di cenge detritiche, sulla direttrice di un evidente spigolo molto marcato che forma in alto una sorta di gendarme appuntito strapiombante e giallastro a circa metà parete (circa 3 ore dal rifugio, quota circa 3000m)
Descrizione
Dal Daviso (2280m), sotto la massicciata del rifugio, all’incirca dove ci sono i bagni, reperire il sentiero segnato con bolli bianco-rosso N°316. Questo, dopo un’iniziale discesa, porta, con un lungo traverso a saliscendi, all’antico ricovero Ferreri, ora bivacco Ferreri-Rivero (2207m). Prevedere 30 minuti. Proseguire a sinistra del bivacco su una traccia di sentiero che risale il dorso della morena e pervenire, dopo circa 300 m di dislivello, ai dossi dov’era edificato il bivacco Rivero, distrutto tre volte e non più ricostruito. Da qui salire dritti e portarsi sul ghiacciaio nord del Mulinet e risalirlo verso la bastionata della Cresta Mezzenile. Non raggiungerla ma puntare all’evidente crestone sulla destra che scende dalla Punta di Groscavallo e su cui corre la via Gatto-Palozzi. Il crestone fa da divisione a due valloni nevosi, quello di destra (senso di osservazione) è il prolungamento del canale della Sella di Groscavallo, quello di sinistra invece muore contro all’edificio sommitale della Groscavallo. Salire quest’ultimo per neve fino a una costola rocciosa che si deve seguire con facile arrampicata fino al suo termine. Salire quindi il breve ma ripido pendio nevoso che porta all’inizio della parete est della Cresta di Mezzenile in una zona di cenge detritiche, sulla direttrice di un evidente spigolo molto marcato che forma in alto una sorta di gendarme appuntito strapiombante e giallastro a circa metà parete (circa 3 ore dal rifugio, quota circa 3000m)
Salito il pendio nevoso si mette piede sulla parete in una zona formata da cenge e gradoni di roccia.
- L1 – si sale con facile arrampicata per gradoni inframezzati da cenge e cornici detritiche verso sinistra, verso lo spigolo che scende dal gendarme appuntito. Si sosta contro lo spigolo. Massimo III
- L2 – si sale ancora su terreno facile costeggiando lo spigolo e sostando prima della parete che ora si innalza dallo zoccolo basale appena percorso. Tiro breve. Massimo III
- L3 – traversare a destra su una facile cengia fino a salire su una zona di placche. Salire ora dritti su buona roccia fino a una cornice dove si sosta. Dinanzi la parete si innalza ora con una serie di tetti e strapiombi delimitati a destra da lisce placche compatte. IV-
- L4 – Salire qualche metro puntando alla fascia strapiombante. Quando si è sotto di essa se si traversa a sinistra si trova una vecchia e marcia fettuccia (utilizzata per la calata durante il primo tentativo di ripetizione del 1989? Vedasi le NOTE) sotto a un diedrino più ostico di quanto appaia ma che potrebbe dare direttamente accesso al diedro che delimita lo spigolo del gendarme. Durante la ripetizione del 2023 si è invece saliti direttamente a destra su una placca grigia compatta ma ricca di appoggi che adduce al punto di minor resistenza della fascia di strapiombi. Superare allora questa a sinistra ribaltandosi sopra di essa. Il tiro risulta breve ma conviene farlo così per evitare attriti. V-
- L5 – traversare delicatamente a sinistra su placca verticale delimitata da costole rocciose. Salire senza possibilità di proteggersi puntando a un tettino fessurato. Proteggersi e spostarsi verso destra. Salire utilizzando lo spigolo sempre più compatto e senza possibilità alcuna di proteggersi fino a uscire a sinistra in una nicchia dove si sosta. E’ il tiro più difficile ed engagé della via. Roccia bella ma da valutare sempre le lame che si tirano, la poca proteggibilità e l’esposizione ne fanno un tiro di un certo impegno. 6a
- L6 – Traversare a sinistra su un gradone-rampa roccioso (nessuna possibilità di protezione) fino a uno spigolo. Ristabilizzarsi e uscire su un comodo ripiano da cui inizia una specie di diedro Salirlo per qualche metro e sostare in prossimità della cornice che permetterà di traversare a sinistra nel diedro sotto al gendarme. V
- L7 – Sfruttando la cornice traversare la placca verso sinistra e poi salire il diedro superando un primo ribaltamento aggettante. A questo punto non proseguire direttamente ma andare ancora a sinistra con un traverso esposto ma non difficile che porta a un diedro aperto e facile in prossimità della testa del gendarme. Salirlo fino a una comoda terrazza all’altezza della testa del gendarme. Si è ora all’altezza della grande cengia che adduce al pilastro finale. V
- L8 e L9 – con due facili lunghezze da fare, volendo, in conserva si traversa ascendendo verso sinistra, puntando all’evidente costola rocciosa centrale che scende dalla vetta della Quota 3352m, denominata ora Punta Grassi. Si sosta su un comodo terrazzo erboso.
- L10 – Dal terrazzo si sale a sinistra sullo sperone verticale ma articolato di roccia rossa fino a un comodo ripiano roccioso dove si sosta. IV / IV+
- L11 – Ci si ribalta sopra la sosta traversando brevemente a sinistra su una larga cengia, alla base del successivo diedro. Tiro corto ma che conviene fare. IV-
- L12 – Salire il diedro su roccia articolata. In prossimità di uno spigolo dove c’è un terrazzino roccioso si trova l’unico chiodo di via con vecchia fettuccia (probabile vecchia sosta?). Infilarsi nel diedro a sinistra e risalirlo fin dove è comodo per sostare. IV
- L13 – Con un ultimo breve tiro si giunge in vetta. IV-
Discesa: è una delle parti più impegnative, viste anche le condizioni di grande degrado glaciale che stanno patendo queste montagne. Ci sono tre opzioni:
- Quella più sicura (ma molto lunga, circa 14 Km fino a Forno A.G.) consiste nell’effettuare 4 doppie sul ghiacciaio francese (le calate sono state attrezzate su clessidre con cordoni anche molto lunghi, prevederne di ricambio) e poi traversare sul ghiacciaio fino al Col du Grand Meàn che divide il Glacier du Mulinet dal Glacier du Grand Meàn. Superatolo si continua a traversare stando sotto alle pendici rocciose della Punta Francesetti e giungendo nel vallone che sale al Passo delle Disgrazie e alla normale della stessa Francesetti. Tralasciare la salita a sinistra verso questi e continuare dritti verso le Cime Piatou (3298m, circa 200m di dislivello). Da qui scendere nell’ampio vallone del versante italiano che permette di divallare fino sul fondo del Vallone di Sea. Raggiuntolo si segue la traccia di sentiero N°308 che costeggia il torrente e porta al Bivacco Soardi-Fassero (2297m), dove volendo è possibile pernottare, proseguendo poi per Forno A.G. Giro lunghissimo ma privo di difficoltà o pericoli oggettivi. Prevedere 7-8 ore fino a Forno. Con molta neve nella parte alta di Sea i tempi di discesa possono essere di molto accorciati.
- Un’altra possibile discesa è dal Colle di Santo Stefano (3228m). Si deve anche in questo caso raggiungere il Col du Grand Meàn e salire quindi al Colle, posto dopo la Tour Bramafan. Si scende sullo sperone centrale di roccia e blocchi (sempre camminabile con attenzione). Verso il fondo, dove ci sono delle placche, si intuisce il passaggio verso destra (senso di discesa) raggiungendo una cengia sopra al ghiacciaio sud del Mulinet. Attrezzando una doppia si supera la terminale e si divalla sul facile ghiacciaio verso i dossi morenici dove sorgeva il distrutto bivacco Rivero. Si torna al Ferreri e si scende direttamente per la poco agevole traccia fino al pianoro del Gias di Lei e quindi a Forno. La discesa dal Santo Stefano è più delicata ma accorcia di tantissimo lo sviluppo, da valutare però attentamente le condizioni di degrado glaciale che potrebbero creare problemi nel superare il tratto basale dello sperone per accedere sul ghiacciaio.
- Una terza possibilità, la più prossima al punto di uscita della via, è percorrere la cresta Mezzenile in direzione nord, facendo anche un paio di brevi doppie sul percorso, fino a raggiungere la Punta di Groscavallo (3423m). Da questa si deve scendere sulla cresta nord fino a raggiungere la Sella di Groscavallo (3352m) che divide la Groscavallo dalla Dent d’Ecot (3402m). Tralasciando la possibilità di scendere nel canale sottostante la sella, possibile (alcune doppie sono attrezzate a cordoni e chiodi) ma ormai pericolosa in estate, si sale con facile arrampicata alla Dent d’Ecot per poi scendere lungo la sua cresta est-sud-est fino all’ampia sella a ridosso della quota 3082m. Si abbandona la cresta e si scende nella rampa-canale (nevosa e/o detritica) verso il ghiacciaio nord del Mulinet e da questo al Ferreri e quindi a Forno. Per questa discesa, seppur più vicina al punto di uscita della via, bisogna tenere conto del tempo che ci vuole a percorrere la cresta fino alla Groscavallo. Bisogna inoltre tener conto dell’innevamento e della qualità della neve che si può trovare nella rampa-canale di discesa.
G. Comino, G.C. Grassi / estate 1980 ; la relazione proposta rappresenta l’itinerario seguito durante la ripetizione effettuata in data 25/06/23 da S. Bovo, L. Brunati, L. Enrico, M. Enrico, C. Pajola, E. Sibille.
- Bibliografia:
-
“Gianni aveva fretta, questo non per fare la via in un tempo cronometrico, ma perché era provvisoriamente sfuggito dal cerchio degli impegni. Con il passare del tempo rimangono i ricordi che lentamente scorrono e vengono assorbiti da un vortice che uniforma qualsiasi stato di pensiero: la parete della Mezzenile mi riappare nelle tonalità più intense (…) è stato proprio il fascino misterioso di questo mondo dimenticato ad offrirci le sensazioni più vivaci di quel giorno” (G.C. Grassi , “Le 100 più belle del Gran Paradiso e Valli di Lanzo”, via n°61: via Grassi-Comino)
La Grassi-Comino è un itinerario che merita di essere percorso perché regala un’arrampicata divertente, mai banale e su roccia buona, anche se sempre da valutare con occhio critico vista la non frequentazione. Un itinerario di alpinismo vero considerando anche l’avvicinamento e la lunga discesa. Lontano dalle pareti alla moda ma che regala scorci di una montagna grandiosa anche se irrimediabilmente compromessa dall’arretramento dei ghiacciai che la rendono più fragile, pericolosa e problematica, soprattutto per quanto riguarda gli attacchi e le discese. E’ meglio andarci a giugno quando ancora la neve copre ciò che rimane del Ghiaccio del Mulinet e permette di arrivare agevolmente ad attaccare la via.
Non si sa se la via fosse mai stata ripetuta, almeno integralmente. Nell’estate del 1989 Marco Fassero, un alpinista di Ciriè, villeggiante a Cantoira, salì con un amico al rifugio Daviso lasciando scritto sul libro che sarebbero andati a fare la prima ripetizione della Grassi-Comino alla Mezzenile. I due però si calarono lungo la via, probabilmente senza averla conclusa visto che quel giorno il tempo era girato al brutto. La fettuccia incastrata in una clessidra trovata nella prima parte della via potrebbe essere una sosta di calata da loro lasciata. L’ultimo e unico chiodo che avrebbe dovuto depositare i due sul ghiacciaio però venne via e Fassero cadde perdendo la vita.
Dopo quella prima ripetizione o tentativo di prima ripetizione, conclusosi in tragedia, qualcuno percorse ancora la via? Non ci sono informazioni in merito. La ripetizione del 25 giugno 2023 ad opera di S. Bovo, L. Brunati, L. Enrico, M. Enrico, C. Pajola, E. Sibille non ha quasi sicuramente seguito il tracciato originale sulle lunghezze 4, 5 e 6 non avendo aggirato nessuna fessura gialla strapiombante di cui parlava Grassi. Le nuove lunghezze sono però belle e rappresentano i tratti più impegnativi della via, in particolare la 5. Ma in fondo si sa: ripetere queste vie è molto spesso come aprirle. Gli eventuali ripetitori sapranno trovarsi il loro percorso per giungere sulla Cima Grassi e godere di una giornata di grande alpinismo.
Nelle vicinanze Mappa
Itinerari
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