
Più a sud a sovrastare il Bec Cerel è un robusto torrione quotato 2673 m che domina a sud il “Canale dei Cacciatori”. Sulla parete sudest di questa cima si snoda la nuova via.
Raggiungere le case e puntare verso nord tra betulle e massi, fino a reperire al fondo dell’ultimo prato roncato un ometto. Salire al meglio nel boschetto molto ripido (ometti) giostrandosi al meglio tra massi e tratti poco agevoli, fino a guadagnare il fianco di un’estesa pietraia (grosso ometto), fiancheggiarla a sinistra, sempre su prati molto ripidi con arbusti fino a raggiungere un costone che divide l’imbocco del “Canale dei Cacciatori” dal profondo canalone detritico che muore contro la “Parete dei numi”, robusto contrafforte del Bec Cerel. Qui si nota un curioso masso di forma squadrata, ben visibile già da Forno Alpi Graie. Dal masso si va a sinistra lungo debole traccia entrando progressivamente nel poco invitante “Canale dei cacciatori”, all’inizio caratterizzato da blocchi rocciosi poco stabili. Salire di preferenza contro la parete che lo delimita sulla sinistra idrografica, fino a un’antica “posa” costituita di pietre accatastate.
Piegare al meglio lungo i tratti più agevoli, ora verso il centro del canale, ora di nuovo verso la parete, dove a un certo punto si noterà una grande frana di recente distacco. Piegare allora verso il centro del canale, dove sono appoggiati minacciosi blocchi instabili (cautela) e salire direttamente (molto ripido). Salire ancora con ripidi zig-zag su fondo erboso e detritico molto sdrucciolevole, guadagnando faticosamente la sommità del canale. Piegare allora verso il lato sinistro su pietraia a detrito fine fino a individuare un tratto tra gli ontani dove si può passare, scavalcare poi alcuni blocchi di roccia molto grandi e giungere ai ruderi del Gias Leitosa Primo (ore 1,30 da Forno; EE). Il tratto del canale è parecchio insidioso in discesa soprattutto con la terra gelata. Proseguire nel canale dopo un tratto pianeggiante, rimanendo sulla sinistra idrografica del torrentello che lo incide. Salire al meglio ometti fino a individuare sul fianco sinistro idrografico del versante una pietraia, dopo una zona di ontani. Superarne la base e continuare sul fondo del canalone in ascesa fino a giungere a un punto in cui, sulla destra, si nota un canalone erboso-roccioso che si apre tra il Monte Malatret, dalla caratteristica punta bifida e la quota 2673 m della costiera.
Al termine del Canalone vi è un marcato colletto. Salire al meglio il canalone con erba parecchio scivolosa (neve in autunno), fino a raggiungere la base dell’ormai evidente parete sudest della Quota 2673 m, caratterizzata da imponenti placconate (ore 1,30; ore 3 da Forno Alpi Graie).
la via attacca in corrispondenza di una fascia di placche, appena a sinistra di un contrafforte che sbarra il sistema centrale di diedri. Superare la placconata, dapprima abbattuta, poi progressivamente più verticale, sfruttando alcuni fessurini superficiali V+, e sostando su una cengia – rampa ascendente verso sinistra (S1).
Seguire un diedro ad arco verso destra, poi un pilastrino che difende una placca V+. Vincere la placca con un traverso a destra, grazie a una cornice per i piedi e a provvidenziali appigli, uscendo a un terrazzino erboso di sosta (S2).
Superare un muretto su buoni appigli, poi un tratto più aggettante inciso da una fessura 6a+ e A0 (1 passo perché bagnato ma sicuramente fattibile in libera). Dopo un ballatoio inclinato raggiungere la base di una stupenda fessura che incide il pilastro, dove si sosta (S3 1 chiodo lasciato).
Impegnarsi a incastro e in dulfer sulla difficile fessura, a tratti parecchio larga (5BD) 6b, fino a uscire su un ballatoio appena sotto un caratteristico gendarme che si erge a sinistra (S4).
Proseguire fino a rizzarsi sopra una curiosa lama staccata obliqua e appuntita , impegnandosi poi nella bella e dura fessura soprastante per quasi 25 metri. Superare un duro tratto verticale dove si deve ricorrere all’incastro di palmo e poi usare provvidenziali tacche a destra della fessura, qui divenuta troppo piccola per l’incastro; 6c o A1 con chiodo in posto. Proseguire a incastro V+ 6a, proteggendosi agevolmente fino a dove la fessura passa sotto un diedro sospeso e chiuso da un tetto. Seguire la fessura con incastro omolaterale mano-piede molto viscido (6b o A2 su due BD3) uscendo su una placca compatta, dove la fessura diviene sottile. Salire allora con bell’arrampicata delicata 6a (1 chiodo lasciato) fino alla scomoda cornice di sosta sotto uno spigolo strapiombante, a destra del quale si nota un tetto molto marcato (S5; 1 chiodo con cordino lasciato).
Traversare per 15 metri sotto il tetto grazie alla fessura obliqua che ne caratterizza la radice, con un paio di passi faticosi dove occorre fare attenzione a due blocchi incastrati V+. Raggiungere quindi la cresta di vetta costituita da rocce rotte (S6).
Discesa:
portarsi a una caratteristica scaglia sulla cresta dove, guardando a ovest poco più in basso, vi è un terrazzino sabbioso. Scendere alcuni metri e individuare un cordone doppio in clessidra. Calarsi per 60 metri fino a un pulpito dove si trova un masso incastrato con un altro cordone con maillon-rapide. Scendere ancora per 60 metri tra diedri erbosi e scaglie di roccia poco stabili (cautela), fino a una cengia detritico-erbosa. Seguirla verso destra e superare un’ostruzione IV+. Seguire ancora la cornice che poi si esaurisce al colletto che domina il canale da cui si è saliti per giungere all’attacco. Di qui (con cautela) ritornare alla base della via.
Attenzione al pericolo d’incastro delle doppie
Materiale: in posto sono rimasti due chiodi di sosta e due di passaggio. Portare una scelta di chiodi (utili i lost arrow e qualche knife-blade), due serie di friend fino al 5BD, una scelta di nut e fettucce.
- Cartografia:
- Alte Valli di Lanzo - Escursionista Editore
- Bibliografia:
- Vallone di Sea - un mondo di pietra; M.Blatto
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