1- Su dritti per trenta metri di evidente diedro giallo e irregolare, superando difficoltà di V+ fino ad arrivare a sostare su tre chiodi con cordoni (sosta non comodissima). Quattro o cinque chiodi lungo il tiro, piuttosto vecchi e non tutti affidabili, ma qui è facile integrare le protezioni con friends o dadi. La chiodatura abbondante ma non sempre affidabile è una costante di quasi tutta la via. La roccia è molto levigata. 30m; V+.
2- Si prosegue per la continuazione del diedro su difficoltà di V- fino a che questo termina. Il passaggio di uscita, protetto da un chiodo integrabile con un dado, è il primo passo chiave della salita (VI). Con difficoltà di IV si esce a destra fino ad un buon terrazzino dove si sosta su tre chiodi. Non fatevi spaventare dalle prese estremamente levigate di questi primi due tiri: proseguendo verso l’alto i ripetitori si distribuiscono su una maggiore superficie d’usura e la roccia migliora. 35m; IV, 1p.VI, IV.
3- Obliquando ancora verso destra si supera un evidente pilastrino staccato e si sale per gradoni e placche grigie non difficili, senza percorso obbligato e senza trovare chiodi, fino ad una nicchia con due chiodi dove si sosta. (Con questo tiro inizia la variante centrale allo Spigolo Giallo comunemente percorsa oggi. Il ripetitore meno becero tenga presente che Comici e compagni continuarono invece diritti sul filo dello spigolo per tre tiri in grande esposizione e su roccia dubbia, con difficoltà costantemente tra il V e il VI grado). 40m; III+, IV-.
4- Si continua a salire in leggera diagonale verso destra, ancora per placche o seguendo un diedro-canale non molto marcato, fino a giungere ad una cengetta dove si sosta comodamente su tre chiodi. 50m; III+, IV-.
5- Si vince la paretina soprastante, più verticale dei due tiri appena percorsi, puntando alla prima cengia visibile in alto e leggermente verso sinistra. Vi si giunge e si trovano subito tre chiodi dove ci si può fermare. In questo punto sulla roccia sono incise due frecce che indicano l’inizio del traverso verso sinistra. 30m; IV+, V.
6- Il traverso non è difficile (IV, IV+) ma si comincia a sentire la forte esposizione. Si supera un primo spigolo e si continua a traversare a sinistra, superando infine un piccolo risalto per arrivare a sostare su un chiodo e una clessidra sopra un terrazzino piccolo e un po’ scomodo. 20m; IV, IV+,V
7- Si supera subito uno strapiombetto (1p. VI-) protetto da un chiodo e si prosegue obliquando leggermente prima verso destra e poi verso sinistra, per muretti gialli e grigi. Si incontrano lungo il tiro un paio di chiodi e altrettante clessidre. Si giunge su una cengia dove si sosta molto comodamente su due chiodi. 35m, VI-, V+.
8- Ci si innalza dalla sosta leggermente verso sinistra, sulla placca chiara (V+, 1 chiodo) e puntanto poi decisamente alla base del diedro giallo molto strapiombante 7-8 metri sopra la sosta. Il diedro è atletico, con appigli buoni ma un po’ levigati, e costituisce il tratto chiave dell’intera salita (VI+). Vi sono molti chiodi, per cui varrà la pena ignorare quelli più vetusti e conservare moschettoni ed energie per salire risoluti sino a che non si intravede la possibilità di un’uscita dal diedro verso sinistra, dopo circa 30 metri dalla cengia. E’ bene a questo punto evitare di farsi attrarre dagli ulteriori chiodi e cordoni che penzolano dalla parte superiore del diedro: si tratta di una variante con difficoltà molto sostenute. Si sosta invece, scomodamente appesi e in forte esposizione, su due vecchi chiodi (ma con buona possibilità di integrare) e si recupera il compagno. 30m; V+, VI+.
9- Si traversa sempre in grande esposizione verso sinistra per circa 8 metri seguendo una fessura orizzontale non molto evidente ma con tracce di magnesio e riguadagando il filo dello spigolo. Si incontra un chiodo e poi altri due, dove conviene sostare. E’ probabilmente possibile unire questo traverso al tiro precedente, ma si dovrà avere avuto cura di allungare le numerose protezioni, pena il rischio di forti attriti di corda. 10m; V.
10- Ci si innalza dritti dalla sosta, seguendo i punti deboli del verticale ed esposto muro soprastante e incontrando un paio di chiodi. La roccia qui è meno buona che nei tiri precedenti, dove è sicuramente stata parecchio consolidata dai passaggi. Merita una riflessione il fatto che Comici utilizzò venti chiodi per l’intera salita, su roccia sicuramente molto più precaria di quella che incontriamo oggi. Si arriva a sostare su una nicchia con due chiodi ed una fessura. 40m; V, V+.
11- Si può salire tenendosi a destra rispetto alla sosta, per muri gialli e grigi e interrotti a metà da una cengia. In circa 55 metri non si trovano chiodi, ma è sempre possibile integrare piuttosto bene con cordini e friends. Probabilmente il tiro qui descritto è una variante più a destra della via comunemente percorsa. Ci si ferma su due chiodi sopra una cengia comoda, subito sotto un camino. 55m; V+, V.
12- Il camino non è protetto ma facile. L’unico passo un pò malagevole perché strapiombante lo si può proteggere grazie ad un grosso sasso incastrato. Si viene fuori su una paretina di IV e si intravede l’uscita sul piccolo pianoro subito sotto l’anticima, dove si giunge a sostare su un masso con due spit. 40m; IV+, IV.
13- Con ulteriore breve tiro di III+ sul diedro camino soprastante di può arrivare a calcare la vetta dell’anticima. 20m; III+.
Discesa:
piuttosto delicato il primo tratto per via dell’esposizione: si segue la cengia in leggera discesa che aggira l’anticima verso sinistra (Ovest), superando un piccolo saltino di II grado e giungendo sino alla piatta forcella tra cima ed anticima. Dal terrazzino inizia verso ovest una serie di 6 calate su grossi anelli cementati (50m, 25m, 25m, 25m, 25m, 50m) e si giunge in circa 1h 30m alle ghiaie tra Cima Piccola e Cima Grande, da dove si è in qualche minuto, scendendo per sassi e gradoni instabili, di nuovo all’attacco.