Bisogna adattarsi ad una andatura molto blanda, scandita dalle guide (pole pole), che consente di affaticarsi il meno possibile e di assaporare a pieno l'ambiente.
Periodi indicati: Novembre-Gennaio oppure Luglio-Agosto.
1° giorno:
Machame Gate 1828 m – Machame Camp 3010 m, dislivello 1200 m, tempo di percorrenza 4-5 ore
Ci si incammina lungo il meraviglioso sentiero di terra battuta delimitato da pali di legno che lo conservano dalle forti piogge, quasi giornaliere nella fascia della foresta ai piedi della montagna, infatti è probabile imbattersi in qualche scroscio e nella nebbia che annulla la visibilità.
La pendenza è dolce ma costante, occorre coprire 1200 metri di dislivello ma sembra di non salire mai. Tutta la salita prosegue in una rigogliosa e fittissima foresta che non lascia vedere nulla, numerosi i corsi d’acqua che al attraversano e che talvolta invadono il sentiero, l’idea di partire con le ghette ai piedi è molto consigliabile.
Quando la vegetazione inizia a cambiare leggermente, diradandosi, il sentiero prende a salire più deciso. Una volta usciti definitivamente dal bosco, che lascia spazio a bassa vegetazione ed arbusti si è ormai in vista della zona del Machame Hut , dove poco sotto sono ricavate le numerose piazzole dove vengono montate le tende. Cena abbastanza presto perchè il buio arriva piuttosto presto.
2° giorno:
Machame Camp 3010 m – Shira Camp 3815 m, dislivello 900 m tempo di percorrenza 4-5 ore
Sveglia piuttosto mattutina, e abbondante colazione e poi preparativi, anche se la giornata non prevede una tappa eccessivamente lunga o faticosa. al solito presto, prima dell’alba anche se la giornata di oggi non è particolarmente faticosa e lunga. Generalmente le nuvole ormai restano confinate agli strati più bassi, cosa che consente di avere splendidi panorami sul Monte Meru, sul vicino Monte Shira oltre che ovviamente sulla mole del Kibo che ci sovrasta.
Seguendo l’evidente sentiero che si inerpica abbastanza faticoso seguendo un ampio ed evidente crinale lavico, proprio sopra Machame Camp. La vegetazione diventa via via più rada, i cosiddetti alberi della barba lasciano spazio a cespugli dai fiori bianchi, ai seneci e alle lobelie. Da notare inoltre le altissime eriche arboree. Terminata la cresta lavica si piega decisamente a sinistra in direzione dello Shira, compiendo una serie di poco marcati saliscendi, fino ad arrivare, dopo aver superato un tratto roccioso, in un grande altopiano sassoso, dove sorge lo Shira Camp (4 ore di marcia e numerose lunghe soste). Con tempo favorevole lo spettacolo del tramonto da qui è unico.
3° giorno:
Shira Camp 3815 m – Lava Tower 4630 m – Barranco Camp 3960 m, dislivello salita 800m, dislivello discesa 680 m, tempi di percorrenza 6-8 h
E’ la tappa del trekking di avvicinamento più lunga, ma anche quella che permette di acclimatarsi nel miglior modo, salendo parecchio di quota fino oltre i 4600 m, per poi ridiscendere alla quota più bassa per pernottare, all’incirca la stessa della partenza.
Si inizia a camminare su una salita lieve e costante, risalendo un’ampissima cresta lavica, la vegetazione è ormai ridotta ai minimi termini, solo qualche fiorellino e qualche ciuffo d’erba di tanto in tanto. Arrivati ad un bivio a 4300 m, i portatori scendono seguendo la via diretta per il Barranco Camp, mentre noi per favorire l’acclimatamento, proseguiamo in salita, raggiungendo un altopiano molto vasto e quasi desertico dall’aspetto lunare, al termine del quale c’è il Lava Tower Camp, posto proprio sotto la parete della Lava Tower. Da qui la tentazione di salire in cima alla Lava Tower è forte, bisognerà contrattare un po’ con le guide ma ne vale la pena. Dal colletto si impiegano circa 20′ di minuti (a queste quote la fatica si inizia a sentire). La salita non è difficile ma richiede qualche passaggio di arrampicata di I e II (F), su roccia vulcanica ma molto solida e divertente.
Ridiscesi alla base della torre, ci aspetta una lunga discesa nel vallone del Barranco, dove scorrono diversi torrenti dando la possibilità alla vegetazione, in particolari ai seneci giganti, di crescere rigogliosi. In prossimità del Barranco Camp si ricollega il sentiero-scorciatoia seguito dai portatori.
Giunti al Barranco, proprio sotto la sud-est del Kibo, lo spettacolo è maestoso, è sicuramente il campo più panoramico del percorso.
4° giorno:
Barranco Camp 3960 m – Barafu Camp 4640 m
dislivello salita 680 m, dislivello discesa 150 m
tempi di percorrenza 4-6 h
Tappa conclusiva dell’avvicinamento al campo più alto dal quale si tenterà la cima. Si parte ben prima dell’apparire del sole, in modo da arrivare presto al campo per poter riposare. Si attraversa il torrente (potrebbe formarsi del ghiaccio durante la notte), e si inizia subito a salire arrampicandosi su una faticosa fascia rocciosa di 200 metri, che appena partiti non è il massimo. Si deve superare qualche passaggio di facile arrampicata. Una volta scollinati da questa dorsale rocciosa l’ambiente cambia e diventa più rilassante. Sotto di noi si scorge ormai puntino il Barranco Camp. Il terrazzo roccioso è molto panoramico sul ghiacciaio Heim che proviene dal cratere sommitale. Si prosegue in discesa tagliando le pendici del versante sud-est del Kibo. Numerosi sono i saliscendi da affrontare che spezzano il ritmo, poi un’ultima discesa un po’ più ripida ci porta a Karanga Valley, dove c’è l’ultimo corso d’acqua (qui i portatori fanno scorta di acqua da portare al Barafu Camp). Dopo quasi 3 ore di cammino ci si ritrova siamo alla stessa altezza del campo di partenza!
Risalita faticosa dall’altro versante della Karanga Valley, si arriva arriviamo ad un altopiano dove sorge Karanga Camp, (probabile sosta pranzo). L’alto piano sembra non finire mai, e Kaanga Camp alle spalle sembra essere sempre lì; poi finalmente la cresta termina e scendiamo brevemente in una conca pianeggiante, in fondo su un promontorio si possono vedere le costruzioni di Barafu Camp, che raggiungiamo con l’ennesima faticosa risalita su sentiero che attraversa facili roccette.
E’ il campo più spartano, le piazzole per le tende sono sparse ricavate tra grossi massi e detriti.Si arriva qui nel pomeriggio, dove ci si rifocilla e ci si prepara il materiale per la salita alla cima. Siccome la notte non sarà calda, viene consigliato tenere gli indumenti all’interno del sacco a pelo. Cena molto presto e poi si va in tenda, dopo il briefing con le guide che illustreranno la giornata seguente, che inizierà a mezzanotte.
5° giorno:
Barafu Camp 4640 m – Kilimanjaro Uhuru Peak 5895 m – Mweka Camp 3080 m, dislivello salita 1300 m, dislivello discesa 2810 m, tempi di percorrenza totali 5-6 salita, 6-8 discesa
Il giorno più lungo, che oltre alla non breve e faticosa salita alla cima, prevede anche una lunga discesa che, se lo stato fisico consente, si spinge fino a Mweka Camp. In alternativa è possibile (ma non consigliato dalle guide) pernottare un’altra notte a Barafu Camp oppure da un campo intermedio non molto utilizzato.
Si parte attorno alla mezzanotte, dopo una colazione a base di liquidi e cibi energetici. Le guide scandiscono un’ottima andatura, molto lente ma costante; anche le pause vengono ridotte al minimo per non perdere il ritmo (e non addormentarsi, cosa facile a queste quote). Subito oltre il campo si sale su uno sperone roccioso che porta alla cresta che dovremo precorrere; si inizia subito a faticare parecchio a causa dei saltini rocciosi e della pendenza sostenuta; dopo 200 m di dislivello per fortuna si affronta un pianoro che permette di rifiatare un po’.
Tra le 2 e le 3 di notte si festeggia il raggiungimento di quota 5000 m, ma sarà ancora lunga.
Il sentiero sale contrassegnato da ometti alternando ghiaie fastidiose a tratti più solidi (la via di Machame è quella con meno ghiaia per fortuna); da quota 5600 m le ghiaie prendono il sopravvento, due passi avanti e uno indietro, ma si continua. Quando finalmente si scollina sul bordo del cratere si giunge allo Stella Point 5750 m, che offre finalmente un punto di riferimento e di conforto, perchè si capisce che ormai il più è fatto. Si calpesta la prima neve, bella ghiacciata ma non dovrebbero servire i ramponi in quanto la traccia crea un ottimo solco. Se è ancora buio è difficile avere punti di riferimento, e il cartello che contrassegna la cima arriva quasi all’improvviso, aggirate le ultime roccette!
Occorre fare un minimo di attenzione passando sul ghiacciaio perchè in certi punti è un po’ ripido sui fianchi ed una scivolata porterebbe nei buchi sotto gli imponenti seracchi della parete sud.
Lo spettacolo è impressionante, sia sull’immensità della montagna (il cratere però non si vede, è molto spostato verso nord-est, sia sui ghiacciai e sui loro seracchi, sia sull’alba oltre il mare di nubi che si estendono su tutta la fascia equatoriale.
La sosta in vetta non può essere lunga, così inizia la
discesa, che è comunque molto diretta, passiamo in un ampio canalone di cenere lavica e fini detriti, si solleva una quantità disumana di polvere ma si ‘galleggia’. Intanto il sole è ormai alto e nei nostri vestiti pesanti ci facciamo una bella sauna. Si scende rapidamente (forse è un bene salire di notte per questi ghiaioni, perchè con la luce del sole sarebbero piuttosto demotivanti!). Giunti a Barafu viene concessa una pausa per riposare e preparare l’attrezzatura, in vista della restante parte di discesa verso Mweka Camp. Si riparte dopo pranzo, seguendo appunto la via Mweka, ripida e diretta utilizzata generalmente solo per la discesa. Ci aspettano ancora altri 1500 me di dislivello in discesa da sommare a i precedenti 1300 dalla cima al Barafu. L’ambiente è abbastanza surreale, superando High Camp (utilizzato come sosta intermedia nel caso di impossibilità di scendere ulteriormente. Via via la vegetazione aumenta e diventa più verdeggiante, segno che la foresta attorno al Mweka Camp è vicina.
6° giorno:
Mweka Camp 3080 m – Mweka Gate 1630 m
dislivello discesa 1450 m, tempo di percorrenza 3 h
Circa 3 ore di cammino nella foresta, facilmente umida e con possibilità di pioggia, ambiente simile a quello del primo giorno, dove le ghette tornano nuovamente utili per difendersi dal fango. Arrivati al Mweka Gate vengono consegnati i diplomi per chi è giunto in cima al Kilimanjaro. Da qui con il pulmino si torna a Moshi e ad Arusha.