Contando le risalite il dislivello totale in salita si avvicina ai 1400 m, ai quali sono da aggiungere gli oltre 600 m per arrivare al rifugio.
Dal rifugio seguire il sentiero CAI per la sella Nabois (n. 616) fino a quando una buona traccia si stacca sulla sinistra (scritta rossa “GOLA NE”). Prenderla e attraversare i ghiaioni, salendo fino a toccare il nevaio basale della parete dello Jôf Fuart, o ciò che ne resta. Attraversare il nevaio in orizzontale verso sinistra (a seconda delle condizioni potrebbe essere esteso e abbastanza ripido; utili ramponi) fino alle rocce dell’altro lato, dove la traccia prosegue raggiungendo una larga e comoda cengia erbosa orizzontale, con anche un albero isolato (evidente anche dal rifugio). Si percorre la cengia e alla fine di essa iniziano le attrezzature, 1h abbondante dal rifugio.
Seguendo le attrezzature (rinnovate di recente) e/o la traccia segnata con ometti e bolli rossi si risale la selvaggia gola Nordest del Fuart (qualche passaggio d’arrampicata nei tratti non attrezzati, mai oltre il I-II grado; saltuari spit per assicurazione, se si volesse). A circa metà altezza, ove il terreno diviene mediamente più coricato, la traccia abbandona la gola e sale verso destra per roccette, detriti e saltuari pendii erbosi; fare attenzione a seguire ometti e bolli rossi, qui più sbiaditi e meno visibili. Dopo lunga e monotona salita finalmente ci si ricongiunge con il buon sentiero della via normale che proviene da Sud (rifugio Corsi), e da qui brevemente alla vetta che è duplice (la cresta sommitale è percorribile senza difficoltà; 2666 m). Circa 4h dal rifugio.
Per la discesa: la via normale si svolge sul versante opposto a quello di salita. Per rientrare in Val Saisera è necessario un lungo giro, all’inizio del quale conviene percorrere il sentiero attrezzato Anita Goitan, che si descrive.
Dopo circa 250 m di dislivello in discesa lungo la via normale, si transita in prossimità di un evidente cengia orizzontale che taglia le pareti sulla sinistra (faccia a valle). Qui abbandonare la normale e prendere la cengia (indicazioni in rosso), esposta ma segnalata e attrezzata nei punti più impegnativi. Il percorso attraversa completamente le pareti meridionali delle Madri dei Camosci e della Cima di Riofreddo (in un tratto è presente anche una piccola variante sul versante Nord, più veloce in assenza di neve e ghiaccio) e si conclude con la discesa alla Forcella di Riofreddo. Il percorso che valicava questa forcella non è più agibile (evidente scritta rossa “NO”); scendere quindi per sentiero sul versante sud, verso il rif. Corsi, fino a quando un’altra traccia se ne stacca a sinistra (indicazione per il rif. Pellarini). La si segue, ancora con tratti attrezzati, e si raggiunge così una seconda stretta forcella posta più a Est della precedente. Scendere sul versante opposto (vallone di Riofreddo) con percorso attrezzato solo inizialmente, poi su ghiaioni ripidi e molto instabili; qui prestare grande attenzione, il terreno a tratti diventa assai delicato. Sempre seguendo i bolli rossi, dopo lunga discesa si raggiunge un più comodo sentierino che taglia a mezzacosta il fianco sinistro del vallone e che era ben evidente, in lontananza, fin dalla forcella. Il sentiero (n. 627) dapprima traversa e poi risale brevemente (tratti attrezzati) alla Sella Carnizza, valico che permette di tornare in Val Saisera. Si scende ripidamente dall’altra parte (ulteriori tratti attrezzati) e poi si rientra finalmente al rifugio Pellarini. Contare almeno 4h30/5h dalla cima dello Jôf Fuart.