La cresta si origina dalla spalletta più meridionale del Bric Castelnegro, precipitando poi nel Rio della Gava (dove si allarga a formare un poderoso basamento) poco dopo la sua confluenza con il rio Secco, e poco prima del suo definitivo ingresso nel torrente Cerusa.
Attrezzatura mista, con nuovi fix alle soste e in sostituzione delle vecchie piastrine, alternati a chiodi da fessura e protezioni naturali.
Al sesto e più secco tornante, poco sotto la boscosa spalletta meridionale del Bric Castelnegro, è possibile posteggiare su un piccolo spiazzo sull’esterno della curva.
Uscendo a monte della stessa, si raggiunge quindi la sommità della spalletta, per breve traccia cha traversa sopra alcune fasce coltivate, in direzione di un più alto albero di pino, che si staglia sopra un meno evidente basamento in muratura (quel che resta dell’antica teleferica in uso al paese di Sambuco, prima che venisse asfaltata la strada carrozzabile).
Da qui, con pochi passi nella macchia (scavalcando un tronco di pino abbattuto e aggirando alcuni arbusti di erica) si può raggiungere l’attaccatura della cresta di rocce dove esce la via. Per raggiungere l’attacco, invece, occorre proseguire perdendo quota sull’opposto versante, ai margini di fasce ormai incolte, fino a raggiungere il letto del torrente. In breve, percorrendo ora il letto del torrente verso valle, si raggiunge la parte più alta del poderoso basamento della cresta; la via attacca nel punto in cui l’acqua giunge a lambirlo, sotto la verticale di un netto diedro, che a dx forma un altrettanto marcato spigolo (targhetta di metallo; 15min. scarsi dal posteggio).
Tiro 1 – 15m
Si punta ad un geometrico diedro, delimitato a dx da un altrettanto netto spigolo.
La base del diedro, purtroppo, è piuttosto interrata, e origina un poco attraente colatoio di rocce rotte e detriti. Si attacca infatti sulle più solide placche poste a sx del colatoio, sfruttando un gradino, da dove poi si afferra una buona spaccatura obliqua (IV+; 1 ch. con possibilità di successivo nut o friend).
Ci si ristabilisce così alla base di una placca maggiormente compatta ma piuttosto abbattuta, che si supera in direzione di un più alto ceppo di alberi (III+; 1 cl. artificiale e 1 alberello con cordino; sosta sul primo fix di una corda fissa che attraversa il colatoio).
Tiro 2 – 25m
Dopo aver attraversato il colatoio con l’aiuto della corda fissa, ci si ristabilisce all’interno di un aggettante diedrino, proprio alla radice dello spigolo che delimita il diedro (sosta sul secondo fix).
Vinto il diedrino (V+; 2 ch.) si guadagna un gradino a dx del filo, che qui è ancora leggermente coricato; lo si segue quindi con crescente inclinazione e difficoltà, fin quando butta decisamente in fuori, e occorre ristabilirsi su un esile cornice a sx del filo stesso, che invita a traversare verso il fondo del diedro (1 cl. artificiale e 2 fix; 2 ch. di cui un più in alto e a poca distanza dal filo, che consente di proteggere la traversata o di risolverla con un pendolo; V+/A2).
Sul fondo del diedro si afferra infatti una profonda e risolutiva fessura, che conduce fino alla sommità, su terrazzino di blocchi, a poca distanza da una cengetta alberata (3 ch.; V+/A1; sosta su 2 fix con anello di calata).
Tiro 3 – 25m (+ 20m di trasferimento)
La cengia alberata si segue verso dx, fino ad una corda fissa, che conduce alla base di una placca, da dove si comincia ad intravedere la parte più alta e assolata della struttura (sosta su fix).
Dopo un primo muretto, la placca si appoggia decisamente, terminando sotto un secco tettino (IV poi II; 1 ch e 1 cl. artificiale).
Afferrata la fessura orizzontale all’attaccatura del tettino, ci si innalza in equilibrio sul suo spigolo dx, dove un buon appiglio consente un atletico movimento di ristabilimento sulla soprastante placca (V+; possibilità di friend già all’attaccatura del tettino; poi 1 fix e 1 ch.).
La soprastante placca è ripida ma molto ruvida, e consente di raggiungere in maniera molto diretta la sommità di un primo ramo della cresta, previa ripartenza e ulteriore ristabilimento (V+; 2 ch.; sosta su 2 fix con anello di calata).
Tiro 4 – 15m
Occorre ora scendere brevemente all’interno del canalino che separa i due rami della cresta, per ripartire alla base di un compatto muro, a sx di una fessura obliqua un po’ sporca.
Superato il muro, si raggiunge un terrazzino a metà altezza (V+ sostenuto poi III; 1 fix e 2 ch.); lasciato a sx un alberello di pino, si traversa a prendere una placca a sbalzo, che inizialmente impone un ostico ristabilimento, ma poi s’appoggia quanto basta per seguire un’ottima fessura fino al culmine del secondo e più alto ramo di cresta (V+ poi IV; 1 fix e 2 ch.; sosta su 2 fix con anello di calata).
Tiro 5 – 20m
Si segue ora più facilmente il filo di cresta verso la sua attaccatura, aggirando al meglio una serie di squadrati blocchi, fino alla spalletta alberata che decreta la fine di tutte le difficoltà; in ogni caso, vista l’esposizione con presenza di alcuni blocchi staccati, conviene mantenere la progressione in cordata, sfruttando i vari punti di protezione (II con passo III; 1 ch. e 3 fix; sosta da attrezzare su ancoraggi naturali).