Si sale il diedro che diventa camino (dal III al V, qualche chiodo) per due lunghezze, poi seguendo una placca (III+) con percorso logico si perviene alla cengia che taglia tutta la parete.
La si attraversa (detriti mobili) e si raggiunge la base della metà superiore della parete: questa è difesa da un lungo strapiombo, che a guisa di gradino rovescio rende molto problematico il proseguo.
Circa sotto la verticale calata dalla vetta individuare un diedrino che quasi giunge alla cengia: attaccare lo strapiombo in questo punto (VI), prendere il diedrino e spostandosi poi verso sinistra prendere un sistema di canne d’organo stondate (V) che permettono di approdare su un caratteristico pilastro quadrato con cordone, dove si sosta.
Si continua su placca molto lavorata (IV+) e si entra in un diedro, che si risale con arrampicata molto bella (IV) giungendo su una cengia sormontata da una nicchia, dove si sosta.
Da qui si sale dritto su muro verticale fratturato (roccia da verificare) che si fa sempre più difficile (dal IV al V+): spostarsi quindi verso sinistra (1 passo di A0 su ginepro) e prendere un diedrino poco accennato che porta ad una sorta di selletta già visibile dal basso (III+). Sosta su spuntoni. Attraversare la sella e riprendere a salire per il camino erboso a sinistra (V) il quale conduce alle facili rocce della cresta, per le quali in breve alla vetta.
- Bibliografia:
- A. Gogna, A. Recalcati, guida CAI-TCI Mesolcina Spluga