L'esposizione sud-est la favorisce la fusione della neve già a inizio estate, la cima è ben visibile arrivando da Briançon per cui ci si può rendere conto dell'eventuale presenza di neve, tenendo conto che però il tratto finale si svolge nel versante ovest, quindi non visibile da lontano.
In caso di neve a inizio stagione utili piccozza e ramponi.
Sviluppo del percorso piuttosto breve, circa 13 km a/r.
Dallo spiazzo del Pont de Narreyroux si attraversa subito il ponticello stesso, seguendo il sentiero (indicazioni Aigliere, Col du Bal, Lacs de Neyzets) che nel bosco segue il corso del torrente in direzione sud, dapprima dolcemente poi via via più ripido, ma sempre su ottima traccia, regalando già begli scorci panoramici sia sulla cima che sul vallone con le cascatelle formate dal torrente.
A 2100 m circa si incontra un bivio (non molto evidente) tralasciare la deviazione di sinistra per il Col du Bal e continuare dritti ancora nel bosco e poi per dossi e avvallamenti erbosi. A 2450 m si arriva ad un vasto pianoro erboso, dove nasce il Torrent de la Combe, interessante notare come questo sgorghi già molto rigoglioso di colpo da un affioramento roccioso. Più in alto si noteranno altre sorgenti ma di minor portata.
Attraversato l’altopiano ci si dirige verso il dosso a destra, che andrà risalito fino ad un secondo bellissimo pianoro di erba costellato di massi, proprio sotto la verticale della Pointe de l’Aigliere (si possono ammirare le formazioni geologiche di questa cima).
Si supera un secondo dosso, breve, arrivando alla zona dei cosiddetti Lacs dse Neyzets 2718 m, che laghi non sono (forse ad inizio stagione le pozze sono un po’ più piene) ma si tratta semplicemente di 2-3 pianori fangosi dove scorre un po’ d’acqua di fusione dei nevai dell’ex ghiacciaio de Neyzets.
Dal lago si volge nettamente a destra, seguendo gli ometti, e con una breve rampa si giunge all’ultimo pianoro racchiuso tra un dosso e la verticale della cima a sinistra.
Qui a quota 2800 m circa termina il sentiero, ci saranno solo più tracce (a tratti piuttosto marcate altre volte da cercare) e molti ometti. Conviene traversare il pianoro in basso per evitare un tratto di pietraia, quindi iniziare ad alzarsi verso i pendii che porteranno in cresta, appena svalicata una poco marcata dorsale: si sale per terreno prevalentemente terroso, attraversando qualche zona con pietraia. Si sale per un lungo tratto praticamente in verticale, direzione ovest, con fatica vista la natura terroso-detritica del terreno, ma senza difficoltà. Quando la traccia ci porta praticamente sotto una fascia rocciosa, qui occorre iniziare un lungo traverso ascendente verso destra, per poter aggirare gli ostacoli rocciosi. Molti ometti e tracce permettono di attraversare prima una pietraia, poi nuovamente terriccio e sfasciumi un po’ franosi ma non c’è mai esposizione e si può passare un po’ ovunque. Si deve puntare a raggiungere il crestone nord-est della nostra cima, appena a valle di un evidente gendarme. Come punto di riferimento al centro del pendio, una volta superata una vena rocciosa nerastra, bisogna riprendere a salire verso la cresta puntando appunto al gendarme. Una volta in cresta il terreno migliora come solidità, e si hanno due opzioni. Una è di percorrere più o meno integralmente la cresta prevalentemente di roccette e detriti con qualche passo di facile arrampicata, oppure più comodamente (almeno in assenza di neve) dopo il gendarme si nota una traccia tra i detriti che si mantiene 20-30 m sotto il filo della cresta sul lato ovest, e senza mai ostacoli (a tratti dà la sensazione di terreno aereo ma in realtà non c’è mai esposizione) si aggirano tutti gli ostacoli fino a ricollegarsi con la cresta ormai in vista della cima, caratterizzata da un grosso cumulo di pietre e poco oltre una piccola croce.
Discesa per forza di cose dal percorso di salita.