La Gandin presenta il primo tiro in comune con la Butta, che si sposta poi più a sinistra grazie ad un esposto traverso.
Una volta giunti sul versante opposto (dove si può anche individuare la celebre piazzuola per elicotteri) del gruppo roccioso risalire per traccia evidente costeggiando le pareti sulla destra. Salire sino ad individuare la normale al primo Magnaghi (si individua facilmente perché è la parete meno inclinata che si può scorgere e subito a destra è affiancata da un torrione molto strapiombante). Continuare a salire tenendo la normale sulla sinistra e risalire per roccette fino alla base di una paretina frastagliata in linea con il torrione strapiombante già accennato ma più in basso. E' comunque facile scorgere dei fittoni resinati che individuano l'attacco della Gandin.
Come alternativa di avvicinamento è possibile anche scegliere, come per tutte le vie est dei Magnaghi, la cresta Senigaglia, che risale alla destra del gruppo, dalla quale ci si stacca una volta individuata la piazzuola degli elicotteri.
A seconda delle relazioni la via presenta da tre a cinque tiri. Noi abbiamo individuato 4 soste, collegando però gli ultimi due tiri in uno solo (possibile solo con corde da 60m).
La via è di facile individuazione grazie alla presenza di numerosi resinati e di qualche vecchio chiodo. Poiché è facile trovare relazioni dettagliate della via, preferisco soffermarmi sui punti chiave della salita:
– Nel primo tiro risulta interessante il piccolo camino che si risale poco prima della sosta. Si attesta sul IV grado ed è forse evitabile scegliendo di risalire le pareti laterali che lo formano.
– Il secondo tiro risulta decisamente il più interessante, ed è caratterizzato da un diedro, inizialmente aperto e poi più chiuso e strapiombante, valutabile attorno al V+ e abbastanza faticoso. La presenza di numerose protezioni e della possibilità (a mio parere inutile) di integrare, permettono comunque di azzerare o quasi le difficoltà.
– L’ultima parte risulta piuttosto semplice e presenta le maggiori difficoltà appena sopra la sosta del secondo tiro (sul IV-)
La via termina in vetta al secondo torrione Magnaghi e la discesa si effettua o calandosi dalla via (soluzione non consigliata a causa della alta frequentazione) oppure traversando il torrione per poi discenderlo dal versante opposto per alcuni metri fino ad individuare un chiodo utile, eventualmente per la calata. Disarrampicare (o calarsi appunto) per una quindicina di metri sul versante a destra del chiodo, fino a giungere ad un cavo metallico che si segue fino al suo termine e giungendo alla cosiddetta forcella di Glasg. Da li esistono varie opzioni, fra cui la più logica risulta quella di salire il terzo Magnaghi lungo la via Lecco o la via Bartesaghi (quest’ultima opzione scelta da noi).
- Bibliografia:
- Lario Rock, Pareti - Ed Versante Sud