La storia dell’Alta Via dell’Adamello è legata alla figura di Renato Floreancigh al quale, dal 1988, è dedicato questo stupendo itinerario.
Per dare una spiegazione in termini alpinistici, bisogna evidenziare che per “alta via” si intende un tracciato con difficoltà non eccessive, in ambiente di media montagna, che richiede più giorni di marcia e che, attraverso sentieri e tratti segnalati, mette in comunicazione un intero gruppo montuoso.
Il percorso si snoda su pascoli erbosi, su pietraie, ghiaioni, nevai, valichi e creste, seguendo mulattiere e sentieri della grande guerra.
Dal Rifugio Tita Secchi al Rifugio Garibaldi, il percorso passa per i Rifugi Maria e Franco, Lissone, Pridenzini, Gnutti e Tonolini.
L’Alta Via dell’Adamello, chiamata anche n. 1, seguendo le pieghe della montagna ed alternandosi in estenuanti salite e rilassanti discese, per un totale di 6150 mt di dislivello (4000 in salita e 2150 in discesa) supera, una dopo l’altra, le Valli del Caffaro, di Leno, d’Arno, di Daone e di Saviore passando nella loro parte apicale; percorre quasi per intero la Valle d’Adamè, entra nella Valle Salarno, nella Val Miller e nella Val Malga fino a sfociare nella Val d’Avio.
Il tracciato, che supera sempre la quota di 2000 mt, ha il suo punto più basso nei 2017 mt del Rifugio Lissone e quello più elevato al Passo Premassone (2923 mt).
Il tragitto è interamente segnalato da strisce bianche e rosse; i tratti maggiormente esposti sono stati dotati di corde metalliche o catene che assicurano una tranquilla percorrenza.
Il sentiero, quasi privo di pericoli in una normale giornata di sole, può diventare difficile ed insidioso in caso di pioggia, di particolare innevamento dei passi di alta quota e lungo i tratti dotati di cordine metalliche.